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Yasuo Sumi
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YASUO SUMI

Nato nel 1925 e scomparso nel 2015, il maestro Yasuo Sumi ha vissuto nella città di Itami, presso Osaka nel sud del Giappone.
Alla metà degli anni Cinquanta, la sua formazione di artista astratto ha una svolta decisiva quando Shozo Shimamoto, affascinato dalla sua vocazione naturale per un uso selvaggio e “sporco” del colore, lo coinvolge nel movimento dei pittori Gutai, fondato nel 1954 dallo stesso Shimamoto e dal pioniere dell’arte astratta giapponese Jiro Yoshihara.

Sumi entra ufficialmente a far parte del Gruppo Gutai nel luglio 1955 quando partecipa alla “1a Esposizione all’aperto” organizzata dagli artisti nella città di Ashiya. Nella stagione immediatamente successiva, mentre il Gruppo Gutai veniva riconosciuto sia in Europa sia in America come un interlocutore privilegiato dell’Action Painting e un antecedente autonomo di nuove esperienze occidentali come gli happenings e le performances, Sumi aderisce a tutte le iniziative del gruppo sviluppando in modo sempre più profondo la sua idea di arte come espressione diretta della vitalità naturale attraverso il colore e l’azione.
I suoi quadri densi e disarmonici vengono ben presto riconosciuti in tutta la loro originalità istintiva e spontanea, sulla scia di alcuni importanti giudizi espressi dallo stesso Jiro Yoshihara, che citerà Sumi fra i protagonisti del Gruppo in tutti i suoi interventi teorici pubblicati fra anni Cinquanta e Sessanta nel Bollettino Gutai, a cominciare dal fondante Manifesto dell’arte Gutai del dicembre 1956 (uscito sulla rivista Geijutsu shincho) dove Sumi viene citato per l’originalità del suo dipingere utilizzando un vibratore per spandere freneticamente il colore sulla tela.

Dei primi anni Sessanta sono anche alcune importanti esperienze di Arte e Teatro (una delle linee più originali della ricerca Gutai) in cui Sumi sale sul palcoscenico all’interno di una scatola in vinile lanciando contro le pareti e spargendo su se stesso pitture diluite in acqua.
Dopo lo scioglimento del Gruppo Gutai avvenuto nel 1972 in seguito alla morte di Yoshihara il maestro Sumi ha portato avanti le proprie ricerche artistiche dialogando attivamente da una parte con l’altro grande protagonista del Gutai Shozo Shimamoto, dall’altra con le correnti di giovani artisti contemporanei che dal Gutai hanno tratto ispirazione, a cominciare dal Gruppo AU (Art Unidentified) di cui è stato membro ed esponente di rilievo.
Sumi indossava sempre i geta (sandali giapponesi in legno) durante le sue performance. I geta sono diventati uno dei suoi simboli, assieme al soroban (abaco o pallottoliere giapponese) e alla bangasa(ombrellino giapponese dalla forma caratteristica).
Tuttavia, l’uso che ne fa Sumi è del tutto particolare. Il soroban viene usato non per fare conti aritmetici bensì per creare nei suoi lavori delle linee curve e allo stesso tempo parallele, dopo aver versato sulla tela o sulla carta l’inchiostro giapponese (simile alla china).
La bangasa viene usata per dare dei colpi violenti sulla tela, che spesso rimane danneggiata, come peraltro la bangasa stessa. Un altro strumento caratteristico di Sumi è il vibratore. Un semplice motorino con un rotore fissato ad una tavoletta che, se avvicinata alla superficie della tela, comincia a rimbalzare freneticamente spargendo il colore in maniera ritmica.

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